Medicina fisica e riabilitazione.
Medicina fisica e riabilitazione.
Una malattia o una lesione può influenzare sfavorevolmente la funzione e la capacità di svolgere le normali attività quotidiane.
Nella medicina di base.
Il medico è coinvolto attivamente nella gestione della spesa sanitaria e svolge un ruolo cardine anche per quanto riguarda la prevenzione in generale ed è il primo a studiare il paziente.
Spesso capitano Pazienti con veri e propri “pacchi” di accertamenti e visite effettuati, quasi sempre inutili e dispersive (RMN, TAC, radiografie ).
Il Paziente viene “sbattuto” da uno specialista all’altro senza alcun criterio e senza alcun risultato.
Una visita posturale coordina e evidenziare patologie che molto spesso vengono ignorate o non riconosciute.
La patologia Principe è la lombalgia.
La diffusione del dolore lombare è spesso descritta come tipica delle società industrializzate.
E’ la principale causa etiopatologica appare ascrivibile alla sedentarietà indotta dagli attuali stili di vita.
La portata del fenomeno è trasversale poiché riguarda esperienze condotte in diverse parti del mondo su soggetti appartenenti a differenti fasce sociali e attività lavorative. (INAIL, 2012).
Alcuni studi documentano che circa l’80% della popolazione mondiale è destinato a presentare un episodio di lombalgia almeno una volta nella vita (Andersson, 1996; Walker, 2000).
In particolare.
Talune esperienze segnalano una prevalenza annua dei sintomi nel 50% degli adulti (per lo più donne) e di questi circa il 15-20% ricorre a cure mediche (Dunn, 2004; Giovannoni, 2006).
Stime provenienti dagli Istituti di Medicina del Lavoro.
Evidenziano che nelle richieste di parziale inidoneità per uno specifico lavoro, le patologie del rachide sono indicate come principale problematica.
Alla stregua, l’ernia del disco rappresenta soltanto una delle possibili cause di mal di schiena e, a differenza della lombalgia aspecifica, costituisce una entità clinica ben definita e come tale viene spesso affrontata separatamente (Bianco E, 2008).
Dai metodi ‘tradizionali’ ai nuovi strumenti di cura.
La rilevanza clinico-epidemiologica del mal di schiena ha fatto sì che negli ultimi anni proliferassero studi e linee guida, sia a livello nazionale sia internazionale, allo scopo di sistematizzare l’approccio diagnostico-terapeutico.
L’offerta dei “trattamenti per il mal di schiena” proposta nel corso degli ultimi due decenni è estremamente ampia.
La varietà degli approcci suggeriti è strettamente connessa ai diversi stadi della patologia:
- acuto: durata inferiore a 30 giorni (4 settimane);
- sub acuto: dai 30 ai 90 giorni (8 settimane);
- cronico: durata maggiore a 90 giorni (oltre 12 settimane)
Alcuni lavori si limitano a distinguere il dolore in: acuto se inferiore ai 90 giorni e cronico se superiore.
Questa distinzione è importante perché i fattori biologici, la storia naturale e la risposta alla terapia sono differenti gli uni dagli altri
I trattamenti maggiormente consigliati a livello internazionale e nazionale prevedono.
Un approccio farmacologico analogo al mal di schiena, sia acuto, sia cronico, attraverso la somministrazione di antidolorifici e miorilassanti (Zanoli, 2011).
Inoltre, per i trattamenti non farmacologici della lombalgia acuta, tutte le linee guida prevedono la pratica di esercizio fisico adattato.
Per il mal di schiena cronico, invece, quelle europee (LGE) (European guidelines, 2006).
Consigliano la pratica di attività fisica basata su esercizi di stabilizzazione e di potenziamento muscolare, controllo posturale e stretching. Vedi Ginnastica posturale.
Per quanto riguarda i trattamenti invasivi:
- agopuntura,
- blocco nervoso centrale,
- radiofrequenza,
- iniezioni epidurali di steroidi,
- tossina botulinica,
- stimolazione dei trigger point,
- stimolazione del midollo,
- neuroflessoterapia, intervento chirurgico)
La letteratura raccomanda.
Di prendere in considerazione tali terapie invasive solo in pazienti selezionati che abbiano già effettuato un percorso clinico e terapeutico per un periodo di tempo sufficiente.
Da almeno 6 mesi a 2 anni, secondo i vari autori. (Bianco, 2008).
All’interno del quadro sopra esposto si inseriscono alcuni strumenti terapeutici innovativi.
In grado di correggere le alterazioni posturali in modo dinamico.
L’individuo che indossa dunque, può svolgere un’attività fisica più confacente alle sue condizioni.
A partire da un recente studio descrittivo, infatti, è stata stimata l’efficacia delle ortesi, in termini di riequilibrio muscolare, in soggetti agonisti con asimmetrie posturali e paramorfismi.
L’analisi è stata eseguita valutando le variazioni della morfologia del dorso degli atleti in base alla disposizione spaziale di specifici punti di repere.
Sebbene i risultati dello studio siano ad oggi preliminari, essi presentano un quadro positivo dal punto di vista delle applicazioni dell’HBP anche nel campo della prevenzione di disfunzioni posturali che possono sfociare in lombalgie e/o lombosciatalgie (Mantini, 2013).